lunedì 27 gennaio 2014

Arbeit macht frei

La prima volta che sono stata in uno di questi posti avevo 13 anni. Si chiamava Mauthausen ed ero in gita con la scuola.
Mi ricordo un'enorme statua che dominava il campo: rappresentava un uomo a braccia conserte imprigionato nella roccia. Mi ricordò molto "I Prigioni" di Michelangelo e pensai che ben rappresentava la prigionia che si era consumata in quel luogo.
Qualche anno dopo sono stata a Dachau, dove sono tornata 3 anni fa, perchè un viaggio ci ha portato lì vicino e non siamo riusciti ad ignorare la sua presenza.

Di entrambi i luoghi mi ricordo il silenzio, la desolazione, il freddo.

Mi ricordo l'angustia delle baracche, l'orrore dei forni, la nausea di fronte alle immagini dell'epoca.

Dovrebbero istituirla come gita obbligatoria nel percorso di studio dei ragazzi, perché leggerlo sui libri è importante, ma quando vedi con i tuoi occhi è diverso. 
Una pugnalata al cuore che da quel momento farà parte di te per tutta la vita: per non dimenticare quello che è successo, per imparare quanto possono essere spietati gli uomini, per far sì che non si ripeta.

Abbiamo il dovere di non ignorare, di ricordare, di raccontare. 
Affiinché le atrocità che hanno subito i nostri bisnonni non si ripetano domani sui nostri figli e nipoti.

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